I disturbi del comportamento alimentare sono tra le forme di disagio corporeo e psicologico maggiormente diffuse nella popolazione.

Tali patologie interessano una fascia d’età che va dai ragazzi in età prepuberale sino a soggetti adulti, anche se è il periodo adolescenziale il momento nel quale elettivamente queste problematiche si rendono evidenti.
Riconoscerli, spiegarne il funzionamento al paziente e, se trattasi di minore, alla famiglia, sono i passi necessari per un percorso di cura.

Privarsi del cibo, osservare regimi alimentari ferrei, ingerire solo cibi selezionati, utilizzare l’attività fisica in maniera abnorme, abusare di medicinali e lassativi allo scopo di ridurre il proprio peso,  fare abbuffate, vomitare: sono queste le manifestazioni esteriori più eclatanti dei DCA.

La psicoanalisi insegna che dietro a queste evidenze corporee si annida un disagio intimo, profondo, un grumo di parole non dette.
I disturbi del comportamento alimentare quali anoressia nervosa, bulimia, disturbo da alimentazione incontrollata (binge eating disorder), ortoressia, bigoressia, mericismo sono il modo col quale il corpo segnala un discorso interrotto:  legami spezzati con la famiglia, col partner, con un amico, a volte col mondo.
Nei DCA si trova, a volte, la chiave di violenze subite in giovane età.

Guarire dai disturbi del comportamento alimentare implica operare su piani diversi che interessano professionalità differenti.

Sa da un lato è necessario prendersi cura del corpo riabituandolo ad utilizzare il cibo come nutrimento, è altresi fondamentale affiancare questo lavoro con un azione psicoterapeutica per indagare i motivi che hanno spinto la persona a dimagrire sino allo stremo, a rimpinzarsi sino all’intollerabile o a vivere giornate alternate tra abbuffate e crisi di vomito.

La multidisciplinarietà dell’intervento, punto oggi imprescindibile, passa per una disponibilità all’ascolto preceduta da una rigorosa divisione delle competenze.
Nella maggioranza dei casi, la prima richiesta d’aiuto viene portata al medico di famiglia, il quale deve possedere strumenti ben tarati ed affinati per valutare l’effettiva presenza e l’entità del disturbo dell’alimentazione.
In questa prospettiva, il parere e la presenza del nutrizionista è d’obbligo in quanto è a questa figura che si chiede e si demanda una valutazione dei parametri corporei del soggetto che chiede aiuto.

Il compito dello psicoterapeuta è quello di garantire una percorso di soggettivazione e riabilitazione libero da parametri medici e nozioni di ordine nutrizionale.
Un cammino che sappia fare a meno delle questioni ponderali che il soggetto sa essere affrontate e trattate in separata sede.