La proliferazione delle ‘nuove malattie’ serve a delocalizzare la questione della pulsione di morte, del godimento lacaniano, in ambiti a volte fittizi i quali incanalano una pretestuosa volontà di ‘guarigione’ senza mai davvero fare i conti con la questione centrale: l’impulso a morire.
Ne ho preso spunto dalla frase di LFC e ciò è bastato per osservare nel quotidiano quanto i pazienti di uno psicanalista attraversino fiumi di cocaina, assumano ogni peggior forma di acido o droga sintetica.
Ingeriscono mediamente il trenta per cento in più delle calorie che dovrebbero assumere. Salvo poi essere attentissimi ai programmi i quali, come quello di radio 24 oggi, dedicano un intera puntata alla tricotilomania o sedicenti nuove malattie.
L’amico cardiologo nota che tra gli adolescenti e le giovani famiglie il peso ponderale è in netto aumento, così come l’abuso di eccitanti o bevande energetiche. Insomma la cupio dissolvi fa parte dell’uomo, basterebbe vedere in quanti modi gioca la sua vita ai dadi, distrugge la propria familgia, sperpera il denaro.
Avere una folta schiera di ‘malattie’ preconfezionate permette un infinito stallo sul nulla, una perpetua cura di patologie immaginarie che velano e nascondono la reale natura mortifera dell’uomo.
Un esempio nel sociale? Un paese limitrofo ha investito migliaia di euro in un progetto per l’educazione alla salute, alla buona alimentazione e agli stili di vita salutari.
Al contempo ha autorizzato l’apertura di un Mc Donalds.