Eversione e perversione: lettura clinica di legge ed antistato nell’Italia

Il clamore mediatico che ha accompagnato l’arrivo in Italia di Cesare Battisti è pari allo stupore di chi, ingenuamente, si domanda perché non si facciano rientrare anche gli altri terroristi sparsi nel mondo, come ad esempio Alessio Casimirri. Uno stupore che non intacca la cappa di cemento posta a sigillo di quell’intreccio interrato di verità non ufficiali e strade deviate  che costituisce il motore occulto della storia Italiana, ben descritto nel libro ‘ Padrini Fondatori’.

Tommaso Buscetta a proposito di quella  trattativa Stato-Mafia che nel libro appare un’ evidenza storica,  soleva dire : ‘ Lo Stato Italiano non è pronto a conoscere queste verità che non reggerebbe’.

La verità alla quale si riferiva , oggi storicamente acclarata, ma ancora non del tutto metabolizzata, è che apparati dello Stato, servizi segreti deviati ed esponenti politici patteggiavano con rappresentanti dell’ Anti Stato una sorta di pace armata, un accordo che permettesse ad entrambi di recitare il proprio ruolo.
Cosa era il ‘
papellu’ fatto avere dai Corleonesi allo Stato dopo la morte di Falcone, se non la testimonianza scritta di questo legame, un contratto vergato a mano, con tanto di richieste, che ufficializzava questo rapporto non scritto? Lo stesso copione, anche questo è storicamente dimostrato, è andato in scena durante gli anni di piombo, culminati con quel delitto Moro che di questo  intreccio tra eversione e stanze opache della democrazia è stato il suggello.

Lo Stato, qualsiasi Stato che si sia consolidato su basi democratiche, ha sempre ‘trattato’ con i mondi fuori legge. L’Italia non fa eccezione a questa regola:  dallo sbarco alleato in Sicilia, passando per gli anni di piombo e della morte di Moro attraversando i canali sotterranei del patto Stato Mafia, sino ai legami strutturati con il mondo delle curve e con la  ‘terra di mezzo’ di Roma capitale.  

In una nazione distrutta che stava lentamente prendendo le misure con la legge non più emanata dal dittatore ma discussa da uno Stato intento a darsi un corpus democratico di regole concertate,  parallelamente alla lenta rivisitazione del codice Rocco (non a caso duro a morire)  una parte del ceto politico già iniziava quel pervertimento della legge che porterà poi alla stagione delle trame occulte e delle stragi di stato, in nome di un obbedienza ad uno fine ultimo, il contrasto al comunismo, in funzione del quale la lex italiana diveniva una sorta di codice di seconda mano, un regolamento formale al quale giurare una fedeltà di ottone, giacchè la vera parola era data al Patto Atlantico.

Una legge parallela e mai dichiarata si dispiegava così a fianco del codice penale, costituendo un contraltare che ne garantiva l’esistenza. Il copione che ha contraddistinto questa sorta di doppio binario percorso dalla politica, è rimasto nel tempo immutato. Dai clangori delle stragi di Stato sino ai più prosaici movimenti dei forconi in piazza, si è percorsa una strada che ha portato gruppi eversivi (che da sempre hanno costituito il serbatoio delle truppe obbedienti), a mantenere una presa sociale su alcune zone del paese, tenendo viva la sua organizzazione in attesa di un qualche sbocco sovversivo al quale potersi aggregare. In attesa, cioè, di una ‘chiamata alle armi’.

Negli ultimi anni  ha conosciuto il suo momento di celebrità il cosiddetto ‘movimento dei forconi’. Un fenomeno comparso simultaneamente in diverse Regioni, composto da gruppi autorganizzati di cittadini radunatisi sotto il segno della protesta. Le battaglie cavalcate spaziavano dalla lotta alla disoccupazione alla critica verso il sistema creditizio delle banche, sino ai licenziamenti di aziende locali passando per la protesta no tav. Il tutto condito da dichiarazioni politiche di indirizzo rilasciate dai capi autonominati di ciascun gruppo. Uscire dall’Euro, fare guerra alla banche, accenni di nostalgia del ventennio e qualche residuo di antisemitismo: questo il composito nocciolo teorico dello squinternato progetto politico sul quale si basava questa rete di protesta. Dietro le prime file schierate davanti alle telecamere si potevano scorgere le defilate ombre nere di attempati agitatori di popolo, molti dei quali da  tempo conosciuti alle forze dell’ordine come appartenenti ad organizzazioni di estrema destra, altri veri e propri fossili dello squadrismo veneto che già era anziano ai miei tempi universitari padovani.

Le cronache riportano che  dietro alle gemelle  forche siciliane, coperti dalla medesima ombra, si muovevano vecchi arnesi ben conosciuti nell’isola: picciotti e soldataglia occasionale delle mafie, caporali del malcontento post crisi da incanalare in serbatoi di populismo, spesso agli ordini di qualche vetusto ‘mammasantissima’.
Clemente Pistili dice : 
sin dalla sua nascita il movimento dei Forconi ha però suscitato l’interesse di Cosa Nostra, la stessa organizzazione che controlla parte del trasporto su gomma in Italia, a volte alleata in tale settore con i Casalesi, unica a  decidere chi far passare e chi no, quali merci far arrivare a destinazione e quali far marcire sui piazzali.   Al centro a sfruttare la ghiotta occasione è invece quell’estrema destra che fa del populismo una bandiera.
 
Alcuni dei capi di queste adunanze sono andati incontro ad una morte mediatica precoce dopo un breve transito sotto la luce dei riflettori. Questo è il destino della manodopera utilizzata dagli apparati dello Stato per i suoi lavori sottotraccia.
Quando il loro compito è finito, e chi manovra dietro le quinte ha ottenuto quello che voleva, cioè il mantenimento dello status quo, allora diventano superflui, e in mille modi vengono messi a tacere.

Nulla si è saputo invece degli uomini ombra che mai hanno rilasciato un intervista ad un qualche quotidiano, e nemmeno si sono prodotti in comparsate  televisive. Sono tornati nella dimensione di  ‘conosciuti da tempo alle forze dell’ordine’. Una sorta di Golem di argilla, pronto ad essere richiamato in servizio alla bisogna, per poi tornare dormiente  Questa la vera natura dei soldati fedeli che stanno dietro le quinte delle adunanze forcaiole oggi, delle stragi di stato nel tempo che fu.
Il Golem  fatto d’argilla era immortale, immortale come l’odio che egli fu chiamato a combattere’ scrive Elie Wisel nel descriverne la storia millenaria.  Forte ed obbediente, costituiva quella forza fuori legge che veniva evocata per essere scagliata contro i nemici di Israele. ‘Il Mahral sapeva dove guardare e quali nomi invocare. Dall’altro gli fu detto che per salvare il suo popolo doveva creare un nuovo essere: il Golem di argilla avrebbe risposto alla paura con la paura, alla violenza ingiusta con la violenza giusta. Come i malfattori, avrebbe vegliato di notte, ma per combatterli, per smascherare le loro trame. Avrebbe avuto ogni mezzo a sua disposizione per trovare i crudeli e beffardi assassini. Il Maharal aveva capito, nella sua saggezza: (..) che soltanto un Golem, un essere artificiale senza un anima, una creatura d’argilla, poteva essere capace di salvare ( Israele) dalla perdizione’ Il Golem viveva ai margini di quella popolazione che era chiamato a ‘salvare’, ‘viveva in disparte, lontano da noi, e generalmente si svegliava soltanto quando il Maharal lo mandava a chiamare.’

Esaurito il suo compito, il Golem possente, viene di nuovo messo a dormire, senza lasciare traccia , nella soffitta della Sinagoga di Praga. Nella più’ conosciuta delle variati della storia, Rabbi Loew aveva costruito un Golem che serviva il suo padrone per tutta la settimana, sbrigando tutti i lavori possibili; ma poichè tutte le creature il sabato riposano, prima dell’inizio del sabato il rabbino cancellava dal Golem il nome di Dio che lo animava, riportandolo in tal modo allo stato  d’argilla.
Ma una volta il rabbino dimenticò di rimuovere lo shem. Il Golem incominciò ad infuriare con una forza immensa, a scuotere le case, minacciando di distruggere tutto; il crepuscolo non era ancora finito e il sabato in senso stretto non era ancora iniziato. Si andò a chiamare rabbi Loew; egli si precipitò incontro al Golem scatenato e gli strappò lo shem ed il Golem si dissolse in polvere. Il rabbino seppellì i suoi resti nella soffitta della vecchia sinagoga, dove si trovano ancora oggi.

 
Ecco dunque che il servo fedele, che osa disobbedire ai dettami del suo creatore, venendo meno all’unica funziona assegnatali, quella di guardiano dell’ordine sociale, viene polverizzato per aver dato segni di autonomia. Per essere uscito dai ranghi, non aver rispettato il ruolo che consentiva di mantenere l’ordine costituito, dato dalla rassicurante divisione del bene dal male.
Per aver sognato una vita autonoma.
Evocati, ammaestrati e imboniti, pagano duramente a volte il loro voler restare sulla scena, testimoni di quel duplice registro legale-illegale che regola e protegge il consesso sociale.

Ecco, questo  è il destino dei tanti Golem che osano credersi umani. Che pensano di porte sfuggire al ruolo per il quale il padrone li ha costruiti: l’obbedienza tacita a chiamata.
Convinti, come il replicante di Blade Runner, di poter assomigliare a quel padrone che li ha creati, di riuscire a  camminare in mezzo a quella gente che la loro opera serve ad irretire e , dunque, a proteggere. Vittime di un miraggio a loro negato: poter svelare  impunemente le trame che con la loro presenza custodiscono, aprire la porta dei retroscena, abbattere l’ipocrita barriera che divide il bianco dal grigio. Kynici, appunto.
Ecco dunque il destino di questi ‘delatori’ del malcostume sotterraneo, di questi novelli infanti che, dopo anni passati sulla diga che separa il mondo grigio da quello regolato, si lanciano nella più’ provocatoria delle esclamazioni , ‘ il re è nudo’ :  l’isolamento. La deriva. La marginalizzazione preceduta dalla reprimenda sociale qualora osino strappare la tendina che separa i due universi. I  vari  Assange, Snowden, e i suddetti capi del movimento dei forconi, sono stati isolati, perseguitati, messi a tacere in un modo o nell’altro.
Certi di gettare scandalo nella città svelando segreti dei quali erano custodi, si ritrovano additati come untori dall’opinione pubblica sorda e refrattaria  a ciò che vogliono dire, nonchè perseguitati da quel potere  che li ha assoldati a patto del loro silenzio.  Incapaci di scorgere la sola funzione di strumento al servizio  di questa o quella causa, vengono brutalmente   zittiti quando commettono l’errore di credersi autonomi,  certi di essere richiamati in vita non per la loro funzionalità ad uno scopo attuale, ma per le loro doti ‘rivoluzionarie’ o di capipopolo.
Dicevano questo le facce rosse dei capi forconi, scaraventati nei canali televisivi come star. Nessuno di loro immaginava si trattasse dell’esposizione prima della deposizione.
Essi vivono su quella cucitura sulla quale tutti camminiamo,  che nessuno vuole accettare , nè vedere. Una verità che non si può sostenere, perché orrenda, indicibile.
Sconcia e per questo negata.
Ancorchè risaputa da tutti.
La gente, insomma, non può reggere la verità che in cuor suo conosce.

Questa è la frase che introduce ad una dimensione clinica e sociale del fenomeno  dei forconi, e di parte della vita politica dello stivale.

Sono conosciuti i capi delle curve facinorose degli stadi, era conosciuto Jenny ‘la carogna’. Così’ come lo era Massimo Carminati, gran giostraio di Mafia Capitale. Essere conosciuti, frase che tradisce un senso di intimità inviolata, testimonianza dell’ aver avuto contatti, scambi, aver vissuto protetti  da una connivenza che ha tutelato costoro dal cadere nelle maglie della legge, se non per poco tempo. 
Questi piccoli universi sociali, paralleli al mondi che conosciamo quanto l’antimateria lo è per la materia, obbediscono a leggi diverse dalla ‘Lex’ democratica, si sostengono su codici ed usanze quasi sempre non scritte, ma non per questo di minor efficacia simbolica ( si pensi a Cosa Nostra). Ma la Legge, quella emanata da un assemblea democraticamente eletta per mantenersi tale, non può permettere che questi satelliti si  stacchino e vivano una vita completamente autonoma. Deve pertanto permettere loro di esistere, garantendo un patto di  non intromissione. Un patto grazie al quale le  leggi che si lambiscono  e si incrociano nelle zone carsiche fondendosi e contaminandosi,  si dividono di nuovo una volta in superficie.
 
É  la logica della perversione descritta da Lacan.
Una legge diversa, antitetica ma proveniente dalla medesima radice della legge che osserviamo e rispettiamo. Sottende ma destituisce  le regole che organizzano i mores in superficie, dalla quale è divisa da un solco di ufficialità, perbenissimo e ostentazione di virtuosismi. Il legame sociale comune è cinto da linee di confine a guardia delle quali troviamo due forme di ‘sentinelle’.
Il 
Cinico ed il Kinico, sottocategorie della figura del perverso lacaniano, soggetto opaco che annulla la sua volontà in nome di un Altro al quale giura fedeltà assolutail volere del quale diventa legge da far rispettare al prezzo di qualsiasi remora morale ( libertatem silendo servoera il motto di Gladio) Il  perverso come puro oggetto della volontà dell’Altro. Soggetto definito dall’annullamento della propria volontà, mero esecutore di ordini. Uno dei tanti signori Klamm delle atmosfere kafkiane. Un Eichmann.  Lacan scrive: ‘Propriamente parlando ( la perversione) è un effetto inverso del  fantasma. E’ il soggetto che si determina esso stesso come oggetto, nel suo  incontro con la divisione della soggettività(…). Secondo la definizione che ne da  S. Zizek ,  sono due i tipi di sentinella che prestano inizialmente fede alla legge perversa: il kinico è colui che ‘mina coscientemente gli apparati dell’ideologia dominante, al fine di esporre gli interessi corrotti che si celano dietro le dichiarazioni ideologiche’. Al contrario il cinico è ‘ ben consapevole degli interessi particolari che sono alla base degli assiomi ideologici, ma (..) sostiene e riproduce i medesimi apparati ideologici come se ne fosse inconsapevole’. Guardiani del limite , dunque. Posti a salvaguardia del tacito patto di non intromissione tra due universi consustanziali. Guardiani, ma con scopi ed orizzonti diversi. Scoperchiare, divellere, gettare in patto all’opzione pubblica, dare scandalo, questo è lo scopo del Kinico. La silente salvaguardia della doppia legge , difesa e al contempo celata, è invece la ragione  di vita  del cinico.
Se la tua mano o il tuo piede ti è occasione di scandalo, taglialo e gettalo via da te; è meglio per te entrare nella vita monco o zoppo, che avere due mani o due piedi ed essere gettato nel fuoco eterno.  E se il tuo occhio ti è occasione di scandalo, cavalo e gettalo via da te; è meglio per te entrare nella vita con un occhio solo, che avere due occhi ed essere gettato nella Geenna del fuoco’

Si pensi ad una figure come quella di  Licio Gelli . Non un semplice ‘burattinaio’ della storia politica italiana come alcuni commentatori lo hanno dipinto. L’ombra della sua loggia  si è proietatta lungo gran parte dell’arco temporale della storia repubblicana, inafferrabile ma sempre presente all’appuntamento con gli snodi essenziali della vita sociale e politica. Una traccia rarefatta, e per questo più incisiva, che ha operato nei gangli vitali dello Stato. Una presenza costante, ma lontana dai riflettori. Un cammino radente la parete di quel lungo cono d’ombra  dove si mise a punto la strategia della tensione.

In una condizione sociale siffatta, lo scandalo dunque non consiste nello svelare  trame occulte o segreti  che pochi conoscono nei particolari e la maggioranza  intuisce essere il motore della vita e dell’economia.
Quanto l’atto di disvelamento di verità che la suddetta maggioranza della popolazione non vuole sentire, o per le quali  la società non è pronta a reggere la verità. 

‘Tu non puoi reggere la verità! ‘ diceva, come Buscetta, il colonello Jessep ( Jack Nicholson)  di ‘Codice d’onore’,
 provato dalla fatica di dover sostenere l’interrogatorio al processo per l’omicidio di un soldato, da lui ordinato secondo il ‘codice d’onore’, legge interna al sistema militare che permette qualsiasi nefandezza verso i sottoposti.
Un codice militare antico, strutturale, di natura opposta alle leggi democratiche che regolano la quotidianità americana.

‘Ordinò lei il codice rosso?’ chiede l’avvocato Tom Cruise
‘ Io voglio la verità!’  .
‘ Tu non puoi reggere la verità!’ grida Nicholson
‘Viviamo in un mondo pieno di muri, e quei muri devono essere sorvegliati col fucile. E chi lo fa questo lavoro. tu? Io ho responsabilità più grandi di quello che voi possiate mai intuire! (….)   Io non ho la voglia, nè il tempo, di venire qua a spiegare me stesso ad un uomo che passa la sua vita a dormire sotto la coperta di quella libertà che io gli fornisco e poi contesta il modo in cui glie la fornisco! 

Nel  film ‘Romanzo di una strage’  appare ben netta la differenza tra Freda e Ventura (esagitati fascistelli, bramosi di sangue, a viso scoperto sempre, anche quando vanno ad acquistare i timer per la bomba) e gli uomini appartenenti agli apparati deviati dello stato,   uno dei quali sa dire ‘ io sono un animale che non lascia traccia’ a un Ventura che si sente braccato perché scoperto.   

Da un altro film ( ‘ I 3 giorni del condor’), questo si magistrale e inarrivabile, il dialogo tra il giornalista sfrontato e gli uomini della ‘provvidenza’ che agiscono nell’ombra: ’Higgins: Il problema è economico. Oggi è il petrolio, tra dieci o quindici anni il cibo, plutonio, e forse anche prima. Che cosa pensi che la popolazione pretenderà da noi allora?
Joe: Chiediglielo
Higgins: Non adesso, allora! Devi chiederglielo quando la roba manca, quando d’inverno si gela e il petrolio è finito, chiediglielo quando le macchine si fermano, quando milioni di persone che hanno avuto sempre tutto cominciano ad avere fame. E vuoi sapere di più? La gente se ne frega che noi glielo chiediamo, vuole solo che noi provvediamo

Casimirri era a Via Fani.
Casmirri sta seduto sopra a verità inconfessabili.

Battisti, dopo aver paludato le proprie azioni omicide con un abito ‘ comico rivoluzionario’, ha scorrazzato a destra e manca, lasciando tracce in ogni luogo nel quale diceva di volersi nascondere.

Cosa mai può rivelare costui? A chi può davvero far paura quest’uomo? Chi può trarre nocumento dal suo ritorno? Nessuno.

Casimirri, e altri protagonisti  di quel momento sono depositari di tante e tali verità che blindano il lor esilio dorato in sud America.

La strategia della tensione non si è esaurita con gli anni di piombo. Protrarre il silenzio sui fatti avvenuti, stendere un velo di silenzio sui protagonisti è la parte di finale di un progetto ben chiaro e solido. Esattamente come il patto Stato Mafia.

Chi grida ‘ perché Battisti e non Casimirri?’, ignora la storia sulla quale cammina, tanto quanto chi si scandalizza leggendo il libro di Travaglio e Lillo.